C’era una volta una bella ragazza chiamata Kabaye. Era alta, aveva occhi neri e lunghi capelli lucenti. Il colore della sua pelle era d’un bronzo dorato.
Una mattina Kayabe stava raccogliendo legna nel bosco, quando le si fece incontro un giovane. Questi aveva l’aspetto di un cacciatore: alto, attraente, vestito con molta cura. Nessuno lo conosceva o sapeva da dove venisse. Neppure si sapeva il suo nome.
Questo giovane piacque subito a Kayabe, e lei a lui. Kayabe non sapeva che quel giovane era un ànito, uno spirito celeste. Presto divennero amici. Una amicizia che andò avanti per un lungo tempo: tanto che Kayabe si meravigliava che il giovane non avesse ancora proposto di sposarla.
Per questo motivo Kayabe si sentiva infelice e confidava al giovane: “Non ho genitori, né fratelli o sorelle. Anche tu sei solo. Sono certa che saremmo felici se vivessimo assieme”.
“Io non volevo svelarti il segreto” spiegò il giovane, “Ma tu devi sapere che io sono un ànito, e non posso sposare una terrestre come te. Io debbo tornare in cielo un giorno!”.
Kayabe a questa rivelazione fu molto sorpresa. Non sapeva cosa dire. Solo tratteneva le mani del giovane strette nelle sue.
“Ti prego, lasciami andare” supplicò il giovane. “Io ho sempre sperato che tu non venissi a sapere chi ero”.
Ci fu un lampo accecante, e il giovane scomparve. Ma la fanciulla stringeva con tanta forza le mani del giovane tra le sue, che questi gliele lasciò.
Kayabe, presa da un grande timore, corse a casa e seppellì quelle mani in un angolo del suo giardino.
Dopo qualche settimana Kayabe vide spuntare in quel punto del giardino una strana pianta: un albero che crebbe molto in fretta. Ben presto apparvero dei frutti assai originali: erano di un colore giallo, e sembravano dita di una mano.
Erano il primo grappolo di banane che sia apparso sulla terra.