Si dice che nei tempi passati vivesse in uno di questi villaggi una povera vedova di nome Gahtishu, rimasta sola con una giovane figlia. La donna tirava avanti grazie a un campicello sul fianco di una collina, ma era così povera che non poteva permettersi di perdere nemmeno un chicco di riso prodotto dal suo appezzamento. Immagazzinava con cura il suo raccolto di riso grezzo in un cesto di vimini e, quando poi lo metteva al sole, faceva ben attenzione a non lasciarsi sfuggire per terra neanche un chicco. Tutto il giorno lo teneva d’occhio attentamente in modo che ne polli ne passeri potessero rubarle qualche granello. E così quando lo sbucciava nella macina, lo pestava nel mortaio o lo metteva nel vassoio di vimini per separare la pula dal chicco, non lasciava che un solo granello andasse sprecato. Era così meticolosa che insisteva con sua figlia Nan Sue che stesse attenta a non perdere un solo chicco di riso quando lo lavava prima di cuocerlo e, una volta che il riso era cotto e lo si mangiava, che nessun granello cadesse di lato o rimanesse nel piatto. Nan Sue, spazientita per la pignoleria della madre, una volta ebbe a dire: “oh ma’, che cosa vuoi che sia perdere un grano di riso? Il valore di un chicco è così minuscolo!”. “non la pensare così, cara figlia mia. Tu hai lavorato anno dopo anno nel nostro appezzamento e puoi ben renderti conto di quanto noi poveri coltivatori dobbiamo lottare durante l’anno per produrre questi chicchi di riso. Cominciando a lavorare all’inizio delle piogge dobbiamo faticare per quattro o cinque mesi al fianco di buoi e bufali, nella pioggia e nel fango; e quando facciamo il raccolto nella stagione fredda dobbiamo rischiare la nostra vita avventurandoci in campi infestati dai serpenti. Supponiamo che per distrazione tu perda un po’ di chicchi durante la raccolta, un altro po’ mentre si asciugano al sole, un po’ durante la macinatura, oppure mentre li pesti nel mortaio o li separi dalla pula e ancora un po’ mentre li lavi, li cucini e li mangi…quanto sarebbe, tutt’insieme la perdita di questi preziosi granelli?” rispose la madre. Per amor di pace Nan Sue promise di non lasciarsi sfuggire un solo chicco durante queste operazioni. Un giorno, mentre lei era fuori nel campo, Gahtishu tirò fuori una misura di riso sbucciato e cominciò a cucinarlo, ma nel fare ciò un chicco cadde e si infilò nel pavimento di bambù della casa. Andò allora sotto per cercarlo, ma non riuscì a trovarlo. Spazzò via i rifiuti e la sabbia finché il terreno sotto il pavimento non fu scoperto, ma ancora non riusciva a trovarlo. Era così assorbita dallo sforzo di ritrovare quel granello di riso che perse la nozione del tempo e si fece buio. Quando Nan Sue tornò a casa e la trovò così china e indaffarata le chiese che cosa stesse facendo. Gahtishu spiegò: “mentre scuotevo il riso un chicco è caduto attraverso il pavimento e non sono ancora riuscita a trovarlo”. E la figlia, scandalizzata: “povera me! Devi farla così lunga per recuperare un misero chicco di riso? Che dirà la gente? Ora è buio, per favore lascia perdere”. “Lascia che dicano quello che vogliono. Un chicco non potrà costituire un pasto, ma tanti granelli così possono farlo. Un solo granello di riso con la buccia può sembrarti di scarso valore, ma seminalo e raccogli i suoi frutti, poi semina di nuovo il raccolto l’anno seguente e raccogli nuovamente; e se in questo modo semini e mieti per sette anni di seguito, sette navi non potrebbero trasportare il tuo intero raccolto”. A questo punto Nan Sue si unì alla ricerca sotto il pavimento e chiese a sua madre di farle il calcolo di come un grano di semenza potesse aumentare e moltiplicarsi in sette anni producendo un tale raccolto. Allora sua madre mostrò le sue capacità di calcolo: “Nel primo anno il tuo unico chicco produrrà una manciata di chicchi. Seminando quella manciata l’anno seguente ne verranno prodotti tre cesti pieni. Se lo semini di nuovo il terzo anno farai un raccolto di 60 ceste. Queste sessanta ne produrranno 1200 al quarto anno. Al quinto le 1200 ne daranno 24000 e queste a loro volta frutteranno 480000 a cesta; così per finire avrai 9 milioni e 600000 cesti. Per stivarle saranno necessarie le stive di sette intere navi, non ti pare?”. Nan Sue fu così impressionata che raddoppiò gli sforzi nelle ricerche, finché trovò il granello che stava nascosto nella fessura di un palo. Quella sera cenarono assai tardi, ma a Nan Sue non importava, perché la dimostrazione di sua madre sulla moltiplicazione di un seme aveva incantato la sua mente. Da allora in poi fu ben attenta a non sprecare neanche un grano di riso e si dice che la sua risolutezza non solo rimase salda fino alla fine, ma si diffuse in tutto il vicinato.
- Paese che vai, piatti che trovi. Il lungo viaggio del cibo dall'America Latina all'Europa", supplemento a Volontari per lo Sviluppo, anno IX, n°4, settembre 1991